Fotografare il teatro richiede una certa disciplina. La sfida è bella, sincera, ma anche estenuante per chi pensa che fotografare sia facile.
Ho imparato ad apprezzare di più il teatro quando ho avuto la possibilità di fotografarlo, quindi di avere quell’esclusiva che un spettatore non ha il più delle volte. Con questo non voglio sminuire il ruolo sacrosanto dello spettatore, ma ogni volta che fotografo una commedia o un dramma, attraverso le immagini mi si insinuano le parole del testo, e da lì inizio la mia selezione di un album che deve raccontare, ma fino ad un certo punto. Mai svelare il finale, e soprattutto lo studio dell’espressione umana assommata al movimento deve essere la somma vincente per poter dire a chi ammira le foto: “Ehi, vedi che quello che ho fotografato è interessante, e vale la pena vederlo.”
Ho avuto il piacere di fotografare la brava Natalia Magni per la piccola anteprima della sua opera “Un cottage tutto per sé”, durante la prima edizione del premio Laura Casadonte (premio curato in collaborazione con il Teatro della Maruca a Crotone), e poi nella scorsa settimana (venerdì 24 marzo 2017) ho avuto il piacere di gustare il lavoro completo.
Mi son seduto lontano, perché da vicino me l’ero già gustata (anche se si trattava di un’anteprima, e non di tutto il lavoro). Ma i miei occhi erano già sazi. Quelle che dovevano essere nutrite erano le mie orecchie. A me del teatro mi piace soprattutto leggere e ascoltare il testo (o sceneggiatura) e da lontano provare ad immergermi nel/i ruolo/i del/i personaggio/i in scena.
Già. Lo so di essere particolarmente bizzarro. Ma scrivere di teatro non è che deve essere basato sulle continue canonizzazioni del passato, come se offrire termini di paragone sia un modo certo di valorizzare il lavoro artistico. Una recensione ha bisogno di onestà semmai, ma già mi fidavo del lavoro della Magni, perché nel fotografarla mi ero abbastanza divertito nell’osservare la sua composizione, il suo modo di portare avanti il personaggio principale.
Ora proviamo a raccontare un po’ di Orsetta, il personaggio interpretato dalla Magni, che è l’attore unico di tutta la commedia che poi non è solo una commedia, ma un semplice racconto di una donna.
A primo impatto, sembra di avere a che fare con una novella Bridget Jones nei primi minuti dell’opera, ma Orsetta è totalmente diversa da Bridget Jones, diversificandosi da un pregio: Orsetta non si prende mai sul serio, la prima vera chiave di forza.
Orsetta è una donna che ha dei desideri, delle aspirazioni, dei sogni, dei bisogni, dei sentimenti, delle emozioni, delle sofferenze. Parla costantemente, e a volte canta. Orsetta racconta la sua vita insomma, tra passi falsi e passi giusti, come una ballerina che si allena per compiere il passo di danza più acrobatico e spettacolare.
Raccontata così, sembrerebbe qualcosa di semplice e leggero come un buon gelato alla panna, ma c’è ben altro. Ora viene la parte difficile, ovvero quel punto dove si gioca la chiave di questo mio umile testo che ha l’unica presunzione di dire: se avete occasione, andate a guardare Orsetta e il suo cottage. Ne rimarrete conquistati. È adatta sia per un pubblico femminile perché di Orsette in Italia ce ne stanno un bel po’, sia per pubblico maschile, per via del fatto che è difficile per un uomo trovarsi una sintesi eccellente del sesso femminile dentro un’opera teatrale che dura circa un’oretta del suo tempo (e il tempo, si sa, è molto prezioso per un uomo) .
Il testo è scritto bene. Semplice, intelligente, diretto. Strappa sorrisi (molti), ma lascia anche delle emozioni. Anche solo ascoltato, il testo ha tutta una sua ragion d’essere.
Sono un uomo. Diffido dei testi femminili, soprattutto italiani. Perché le autrici italiane devono spesso mostrare di essere complesse per dimostrare la loro intelligenza (lo vediamo in un certo cinema femminile dove prevale questo difetto). Beh, Natalia per fortuna non si presta a questo gioco, e rivela attraverso Orsetta quello che è una donna prima di essere una donna, ovvero un essere umano che come tutti può sbagliare, ma che ha la dignità di rialzarsi e di non arrendersi. Insomma quel tipo di esempio che se te lo vai a vedere non lo rifiuti, anzi tanto che sprizza positività che alla fine ti senti nutrito ed esci dal teatro con un bel sorriso speranzoso.
Certo, Orsetta è una donna alquanto complicata. Forse perché anche io conosco delle Orsette che si complicano la vita perché non vogliono accontentarsi del semplice (senza saggiarlo tra l’altro), che risolverebbe loro tante piccole cose. E forse il cottage che Orsetta riceve in eredità da una parente , il cottage del titolo e coprotagonista della storia, rappresenta un po’ quella chiave d’incomprensione tra i due sessi (questa è una mia piccola teoria azzardata) perché rappresenterebbe quel mondo ideale che un uomo in linee generali non percepisce, a patto che non sia dotato di una buona sensibilità e di una buona capacità di andare ben oltre, cosa alquanto complicata in questo frangente di ventunesimo secolo.
In fin dei conti, è bello ascoltare il racconto di Orsetta. Una commedia che non è una commedia, ma una vera e propria favola contemporanea dove il messaggio non è solo non arrendersi e rialzarsi, ma a volte anche fermarsi e guardare da più vicino quello che a volte non si vuole guardare da vicino. Che terminologia complessa! Si può tradurre: andare oltre le apparenze… magari con un bel sorriso.
Beh, mi posso soltanto complimentare con l’attrice/autrice di “Un cottage tutto per sé” perché mi ha fatto passare un gran bel momento, momento condiviso con il resto del pubblico che ha apprezzato e non ha mancato di far sentire il suo applauso.
La mia raccomandazione personale? Vedetela, ascoltatela, gustatela. Orsetta vi conquisterà, e forse vi darà una direzione verso quella soluzione che cercavate da tempo.
Orsetta troverà la sua soluzione, se volete saperlo. Come accadrà non tocca a me rivelarlo, ma se volete sapere un segreto ve lo dico: avercene di donne come Orsetta… Non so… Ti fa venir voglia di apprezzare di più la donna… e detto da uno scrittore blogger maschio come il sottoscritto…
Brava, Natalia… Hai fatto un ottimo lavoro.
E voi tutti, almeno di quelli che leggeranno questo blog, andatevi a vedere “Un cottage tutto per sé” semmai si dovesse presentare in qualche teatro della vostra città/paese.
Aurélien Facente, Marzo 2017
Un pensiero su “Fotografando: “Un cottage tutto per sé” di e con Natalia Magni”